Il Dollaro a Bretton Woods

Era il luglio del 1944 e la Seconda Guerra Mondiale aveva ormai svelato al mondo l’orrore di una portata internazionale che aveva richiamato nel conflitto anche gli Usa . E proprio in questo stato, simbolo ella svolta che il globo attendeva a rischio di languire in un conflitto sanguinoso che avrebbe portato a conseguenze inimmaginabili se non fosse entrata in scena quella che poi sarebbe diventata la prima potenza mondiale, si tenne la conferenza di Bretton Woods nel New Hampshire, una conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni Unite il cui scopo era rifondare un panorama economico e finanziario più stabile proprio dalle macerie di quella guerra che volgeva al termine ma che ancora vedeva moltissimi focolai accesi e soprattutto pericolosissimi.

Non solo, ma le stesse dinamiche del credito erano in pericolo viste le condizioni generali che impedivano di inquadrare armoniosamente un panorama di scambi e di valute ormai devastate dalla dominazione tedesca prima e adesso dalla rivoluzione dettata dai nuovi equilibri geopolitici. Fu quella l’occasione che portò alla nascita del Fondo monetario internazionale e della Banca internazionale. Il fine principale era riorganizzare i flussi di capitale per la ricostruzione del mondo intero e, di conseguenza anche fissare le sfere di influenza dei grandi poli usciti vincitori (per essere più precisi che stavano uscendo vincitori) e per la precisione gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. MA cosa si stabilì di preciso a Bretton Woods? A vincere su tutti i fronti fu il dollaro la moneta della vera nazione uscita anche moralmente vincitrice dal conflitto , se non altro per l’importanza economica che avrebbe rivestito in futuro, cosa che l’Unione Sovietica non avrebbe potuto assicurare ed anche per questo motivo l’Unione Sovietica sceglie di autoescluersi da questo circuito, creando di fatto la prima frattura che contribuirà alla nascita della guerra fredda.

Il rublo, però, sarebbe stato condannato all’oblio della storia e il dollaro consacrato nell’Olimpo delle valute. I patti di Bretton Woods, dunque, prevedevano che ogni nazione dovesse assicurare una convertibilità in oro o dollari con un margine di fluttuazione massimo dell‘1%. Una sorta di compromesso fra il sistema aureo vigente e quello nato dalla seconda metà del ventesimo secolo in poi.

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